Dieci sedute gratuite dallo psicologo per bambini e ragazzi (in Francia)

Fin dal­l’i­ni­zio del­la pan­de­mia abbia­mo soste­nu­to la neces­si­tà di fare fron­te a un’al­tra emer­gen­za, oltre a quel­la cau­sa­ta dal con­ta­gio e e a quel­la eco­no­mi­ca: quel­la lega­ta alle fra­gi­li­tà che sareb­be­ro ine­vi­ta­bil­men­te aumen­ta­te o aggra­va­te nel­l’in­cer­tez­za e nell’isolamento.

Fra­gi­li­tà dei più pic­co­li, dei bam­bi­ni e del­le bam­bi­ne e dei ragaz­zi e del­le ragaz­ze, come abbia­mo più vol­te denun­cia­to, per esem­pio con la nostra cam­pa­gna di ascol­to la #qua­ran­te­na­dei­pic­co­li e con l’at­ten­zio­ne a tut­ti gli aspet­ti del­le chiu­su­re, per esem­pio del­le scuo­le, a cui far fron­te con equi­li­brio e solu­zio­ni com­ples­se. I medi­ci ci rac­con­ta­no che i repar­ti di neu­ro­psi­chia­tria pedia­tri­ca sono affol­la­ti da bam­bi­ni e ado­le­scen­ti che ten­ta­no il sui­ci­dio e com­pio­no atti di autolesionismo.

Con il cam­bio di gover­no e la nomi­na di Dra­ghi, abbia­mo volu­to rilan­cia­re pro­prio sul tema del­la fra­gi­li­tà per­so­na­le e uma­na che sta mie­ten­do silen­zio­sa­men­te tan­te vit­ti­me e tan­to dolo­re, ali­men­ta­ta da mol­ti fat­to­ri: la man­can­za di lavo­ro, di pro­spet­ti­va, di socia­li­tà, di spazi.

Abbia­mo chie­sto al pre­si­den­te Dra­ghi e al suo gover­no che in cima alle prio­ri­tà arri­vas­se anche la costru­zio­ne di una for­te e arti­co­la­ta rete di soste­gno psi­co­lo­gi­co e psi­chia­tri­co. Gra­tui­to, orga­niz­za­to, acces­si­bi­le a tut­te e tut­ti. Per tut­te le età.

In Fran­cia stan­no agen­do in que­sto sen­so, con la deci­sio­ne di garan­ti­re die­ci sedu­te gra­tui­te dal­lo psi­co­lo­go per la fascia d’e­tà tra i tre e i dicias­set­te anni. L’an­nun­cio vie­ne diret­ta­men­te da Macron, che ha sot­to­li­nea­to come ci sia un pro­ble­ma di salu­te per bam­bi­ni e ado­le­scen­ti, in aggiun­ta a quel­lo del­l’e­pi­de­mia, che non può più esse­re tra­scu­ra­to. O a pagar­ne il prez­zo saran­no le gene­ra­zio­ni che stan­no cre­scen­do, il nostro futuro.

E il gover­no ita­lia­no, quan­to anco­ra vuo­le aspettare?

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